SILVURDRONGUR

Sabato 19 ottobre, 21:00
Teatro Nuovo Giovanni da Udine


SILVURDRONGUR (Fær Øer)
Il viaggio sonoro di Silvurdrongur attraversa i paesaggi cupi ed alieni delle isole Føroyar, in un collage elettroacustico di generi e tematiche. Silvurpláta, l’album di debutto di questo artista, viene pubblicato in contemporanea con la raccolta di poesie Silvurbók e il cortometraggio 111 góðir. L’impatto di questi lavori con la tranquilla e rassicurante scena artistica delle isole Føroyar è devastante e l’accoglienza entusiasta. Una fiaba nel mondo incantato della foresta faroese, narrata in una delle più piccole lingue d’Europa.
 
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INTERVISTA CON SILVURDRONGUR

C’è una frase intraducibile, un’espressione o parola nella tua lingua che ami particolarmente? E perché? 
In faroese diciamo “Nú?”, che significa “adesso”, ma può significare ogni genere di cose, a seconda del tono di voce: Ciao / Come va? / Che succede? / Che diavolo sta succedendo qui?! / Che cosa stai facendo? / ecc. Mi piace per la sua versatilità e trovo molto divertente quando le vecchie generazioni lo usano in tono arrabbiato. Mi fa sempre ridere.

Quali sono 3 aggettivi con cui descriveresti la tua lingua? Perché li hai scelti?
OSCURA, DIVISA, PARANOICA.
Oscura perché una lingua “piccola” e pochissime persone la conoscono, tanto meno lo parlano.

Divisa perché i faroesi discutono molto sulla lingua, su come dovrebbe essere parlata, su quale sia il modo giusto di dire qualcosa: si divide in due fazioni, i puristi e quelli che lasciano fare. A me piace oscillare tra i due.

Paranoica perché i faroesi hanno sempre paura dell’influenza esterna. Una volta era quella danese, quando eravamo una colonia, ma ora è quella inglese, dato che tutto il mondo è una colonia americana, culturalmente parlando. C’è sempre un costante senso di paura quando si parla della lingua faroese.
Alcune persone pensano che fare musica/arte in lingua minorizzata chiuda molte porte, quali sono (se ce ne sono) invece quelle che ti sono state aperte?
Viaggio molto con le mie due band (AGGRASOPPAR e Silvudrongur), e questo in parte perché usiamo la nostra lingua madre in modo unico. Molte persone lo trovano molto interessante e avvincente, anche se alcuni lo trovano alienante, ovviamente, soprattutto perché la mia musica è piuttosto incentrata sulle parole invece che sulle melodie.

Potendo fare un appello a chiunque per tenere viva la propria lingua, cosa consiglieresti? Quali sono secondo te le sfide o difficoltà più grandi?
Creare arte con la vostra lingua: poesie, racconti, musica, film, cartoni animati, ecc. Create contenuti: video, materiale didattico, commedie e così via. Divertitevi con la vostra lingua: Non soffocatela. Lasciatela vivere…

Come risponderesti a qualcuno che ritiene la tua lingua obsoleta?
Che si sbaglierebbero. La mia lingua è giovane e viva. Si è formata solo nel 1880 ed è ancora in uso, si modella e si plasma.

Una frase per descrivere la tua musica
Violenta come una bella brezza in Antartide.